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Channel: Una Specie di Spazio
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IL NOSTRO LOGO: una specie di anniversario

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 La Specie di Spazio, almeno per quel che riguarda la sede, è in chiusura, ne abbiamo già parlato qui. Vabbè, potrei dilungarmi all'infinito su questo argomento, e in effetti ce ne sarebbe bisogno, ma forse converrà farlo a tappe, in situazioni contingenti che mi permettano di fare paralleli, sollevare interrogativi e dare possibili risposte. O forse non ne parlerò mai più e questo blog diventerà solo più strano e dispersivo, non lo so. 
Oggi, mi andava di rendere omaggio a quello che a tuttoggi è il nostro marchio di maggiore successo, ossia il nostro logo, che io in primis mi sono divertito a modificare volta per volta, qualòra si presentasse una celebrazione, uno stato climatico, un pensiero ossessivo, proprio come i google doodles, a partire da quel personaggino tanto simpatico che ritrovai in una cartella di lavori di Alice Seghetti. E infatti proprio a lei, dopo la sua esposizione nello Spazio, affidai il compito di trovarci un logo, fondamentale per il social network; e lei prontamente mi fornì diverse soluzioni interessanti, ma per qualche motivo nessuna mi sembrava andasse bene. Volevo qualcosa in linea coi tempi, che potesse giocare con lo spettatore, che ironizzasse sulla nostra missione, volevo un meme. E così scelsi il logo che vedete più in alto. 
Poi altri autori, conosciuti e sconosciuti, ma tutti volenterosi, ci hanno omaggiato delle loro interpretazioni del logo di Alice. Sono una più bella dell'altra e spero di averle ricordate tutte nelle piccole animazioni più in basso. Così come spero di non dimenticare nessuno nell'elenco che segue, un elenco che non può essere esaustivo dato che altri di questi omaggi arriveranno e io non vedo l'ora. Perchè è proprio in questo character che risiede la poliedricità dell'associazione, dell'idea al suo interno, e la sua capacità di manifestare l'animo di chi se ne prende cura.
DCF









Il logo rivisto dai nostri autori: Sonia Aloi, Eloisa Alquati, Sarah Bonvicini, Anna Cigoli, Renato e Simona Florindi, Anna Mabizanetti, Sabina Meschisi, Mina Murray e Roberta Sacchi. Grazie a tutti.
E qui il logo psichedelico di Eleonora Liparoti detta Eta, un'ideale fuga dal piano fisico per accedere a tutti gli spazi superiori...grazie anche a te, nel tuo chissaltroquandove.


COME LA METTIAMO CON LA PENA ETERNA? BASTA IL SILENZIO

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No, non si parla della pena del caldo, comunque torrido, comunque snervante, nè dell'ansia che ti prende quando sai di non avere uno straccio di quattrino e sei un over thirty con scarse probabilità di vedere sia la pensione che la vecchiaia stessa. Eppure sì, in questo titolo che "a caso" ci ha offerto una serata di letture del sommo Dino Buzzati, io e Sonia Secchi, promotori dell'evento, abbiamo risposto con il silenzio. Silenzio sulle cose umane e troppo pressanti, ma molto suono, musica, e movimento, e poesia, in quella specie di spazio che è PIKIDI ARTE, di cui ho già parlato qui. Una serata condivisa con l'artista Massimo Geranio e il suo AVENEMOSUM, che a rigore compare nel video che racconta la serata, perchè di sinergia si parla, e di un progetto comune, o meglio di una sperimentazione comune, quella di fare lettura, di leggere, di dire, fra lo studio coreografico e l'estemporaneità totale. In quanti e quali modi può viaggiare un testo nell'ipertesto?

 
COME LA METTIAMO CON LA PENA ETERNA? BASTA IL SILENZIO.
Sonia Secchi, Tamara Fragale e Loris Lari indagano l'esperimento del reading attraverso i mezzi dell'esibizione multimediale, cercando ritmo e confronto nell'ipnotica messa in scena di una "situazione" dove la figura umana sposa le parole e la melodia. Ogni cosa trae spunto dalla realtà temuta e odiata, ma anche dall'ignoto che ci circonda, ci confonde, ci racconta cose che fatichiamo a comprendere. Ogni cosa è un fatto vero.
Flavio Aster Bissolati "gioca" con il testo, lo reinterpreta, lo pluralizza, lo dissolve, fra recita e manipolazione della voce, citando gli esercizi di stile di Raymond Queneau ma prendendo una strada tutta sua, che ho trovato esilarante.
Io ho rifiutato la lettura estemporanea e mi sono affidato alla preregistrazione e alla stampa fatta in casa, alla voce e alle illustrazioni di amici per raccontare le mie favole - e un grazie particolare va a Massimo Geranio per avere letto il mio Mostro senza nessuna anticipazione di sorta, e narrato così come è stato letto, per la prima volta.
E come questa prima volta, Sonia, Flavio, mia sorella e altri continueremo questa indagine della lettura negli spazi e fra gli spazi, cercando i silenzi che annullano, per un momento, quella pena tanto eterna.

David Chance Fragale

Sonia Secchi, con cui ho organizzato la serata contro la pena eterna, e di cui ho curato il trucco (e ne sono assai soddisfatto)

Flavio Aster Bissolati e il sottoscritto; in questo momento dell'esposizione del suo breve racconto UNGHIE, Flavio sperimentava la lettura con palato ricolmo di marmellata...
Tamara Fragale, mia sorella, che ha danzato per Massimo Geranio e Sonia Secchi, ma in fondo un pò per tutti...

Loris Leo Lari ha accompagnato la lettura di Sonia e la danza di Tamara

Massimo Geranio legge una poesia su un'improbabile sfondo

Ancora Tamara
E a seguire il video, un sunto alquanto esaustivo, che dura sedici minuti malgrado abbia dovuto "alleggerirlo" un bel pò, girato da Federico Fronterrè e montato dal sottoscritto nei giorni del caldo torrido. Mi scuso quindi per le inavvertenze tecniche e buona visione!

COSÍ SOPRA COME SOTTO

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Ci siamo messi a guardare le stelle, in cerca non più di una specie di spazio ma dello spazio vero e proprio, dell'immenso vuoto per disperdere ansie e dolori, per sedare le ambizioni e andare laddove nessun uomo è mai giunto prima? 
No. 
Semplicemente, dopo l'esperienza fortunata di EXU dell'anno scorso, Gabriele Bassini ha voluto ritentare l'esperienza artistica di Villa Stanga a Crotta d'Adda (in sintesi: un edificio tardo barocco al centro di un parco d'altri tempi, situato nelle coordinate più sperdute della pianura padana). E' un esperimento, stavolta condotto da pochi, per assumersi un rischio più alto e non forzare nessuno ad una committenza difficile e a un budget ridotto. Stiamo a vedere.
DCF


L’uomo contemporaneo è schiavo degli oggetti, l’uomo moderno era schiavo di se stesso, l’uomo primitivo era legato al cosmo. 
 Gabriele Bassini 

COSÍ SOPRA
COME SOTTO

"Secondo una diffusa credenza, le stelle conterrebbero l'anima delle persone defunte. Perciò, si dice, che ogni volta che una persona muore una nuova stella si accende nel firmamento. Secondo la stessa credenza, le stelle cadenti, oltre ad essere di ottimo augurio e a realizzare i desideri rappresentano la discesa di una nuova anima sulla terra. Sul piano simbolico, le stelle, sono protagoniste del ciclo della vita. Questo spiega il fatto che la maggior parte delle costellazioni antropomorfe traggono origine da racconti mitologici che descrivono l'ascesa di uomini verso il cielo per mano degli dei. "

Qual è il senso della vita? Cosa accade quando si muore? Qual è la relazione tra uomo e Universo? Questi sono gli interrogativi che si affannano nel cuore dell'uomo da sempre. La voglia di trovare un significato alla vita è stato uno dei principali motivi che ha portato l'individuo sulla strada della conoscenza e che ha rafforzato il legame tra uomo e cielo.
Quest'ultimo aspetto è di particolare importanza non soltanto in quanto mezzo principale con cui scandire il tempo che governa la vita umana, anche perchè funge da dimensione magico-religiosa dove l'uomo può rifugiarsi con tutte le sue paure, le domande e i sentimenti, comuni a tutte le credenze.

Per questo motivo l’installazione COSÍ SOPRA COME SOTTO propone la riscoperta di un aspetto rituale che l'uomo ha sempre posseduto ma che nella contemporaneità ha messo da parte per abbracciare una logica consumistica basata sul godimento immediato, sull'istantaneità e sull'assenza di pensiero che ha contribuito a corrodere il mondo delle credenze e a mettere in crisi la naturale inclinazione dell'individuo verso la spiritualità.


Sonia Secchi


Dopo l’avventura di EXU dell’anno scorso, un’altra scommessa, quella di sfidare le intemperie e allestire in pochissimo tempo un esperimento scenografico (arte? non arte? chi lo sa) in cui bisogna affrontare le esigenze della committenza, il clima ballerino, uno spazio tanto suggestivo quanto quello di Villa Stanga a Crotta d’Adda, edificio tardo-barocco situato in un parco che già ospitò la collettiva che Gabriele Bassini, co-curatore dell’evento assieme alla gente dell’associazione UNA SPECIE DI SPAZIO, decise di ambientarvi.
In un momento così difficile per l’espressività giovanile e per l’indagine spaziale, almeno qui, dove siamo noi, sotto le costellazioni autunnali, è una sfida da cogliere, l’importante è provarci. 


David C. Fragale


si ringraziano per la collaborazione: Andrea Parisi, Federico Fronterrè, Elena Baila, Anna Cigoli.

OH, BROTHER, WHERE ART YOU?

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"NOlabè stata fondata nel 2009da un team di creativi operativi da 10 anni nel mondo della comunicazione, dell’editoria e dell’organizzazione eventi. Dopo vari esperimenti nel settore televisivo, nella moda e nell’editoria, la nascita di NOlab diventa necessaria. La scelta di costruire una nuova filosofia di pensiero e lavoro basata sul rifiuto alle tendenze e alle convenzioni è il naturale sfogo utile per creare un laboratorio unico e innovativo.
NOlab è un laboratorio di idee per chi non ha paura di dire NO."


In apertura di questo diario, la premessa (non di mio pugno) che spiega il lavoro svolto dai ragazzi di NOlab, con cui sono fiero di collaborare, per affinità di intenti, di interrogativi, di voglia di indagare i meccanismi della creatività e della sua fruizione oggi. Ho già parlato di loro qui, su queste pagine, in merito al contest a cui ho partecipato, il primo WHO ART YOU?, poi come membro della giuria per la seconda edizione della collettiva. Invito pertanto chi volesse saperne di più a seguire la loro pagina facebook e partecipare ai loro eventi, il prossimo si terrà a Londra e ci sarò anche io, e ne sono felice! In mezzo a tanto affanno, sarà come bere un sorso d'acqua fresca, e ci vuole.
In ogni caso, concludo il post mettendo a disposizione i due videoreport che raccontano la frenesia del contest e la calma, riflessiva partecipazione all'evento dedicato ai vincitori, con cui ancora mi complimento e di cui spero di vedere le successive, ardite evoluzioni. 
DCF



Eva Mendes (Pittura) è portoghese, si forma sulle arti figurative in modo ampio e variegato: una laurea in scultura all’Università di Porto e molti corsi di illustrazione. Arriva a Milano grazie ad un programma di scambio e approda all’Accademia di Belle Arti di Brera ma mai stanca di imparare segue anche diversi workshop sul vetro e sulla lavorazione del ghiaccio e consegue un master in illustrazione contemporanea.
Andrea Silva (Fotografia) nasce con una macchina fotografica e un libro tra le mani. Cresce in una piccola cittadina del triangolo lariano, vicino al lago di Como. Affascinato dalla fotografia, giorno dopo giorno si impegna per cercare di catturare ogni attimo in un’immagine. La sua passione cresce e lo porta verso la post produzione digitale. La sua mostra in via Dante a Milano nel 2010 dà il via ad una serie di partecipazioni ad importanti competizione fotografiche.
Raimondo Castronuovo (Scultura) vive e lavora a Berlino. Si laurea in architettura nel 2009 ma gi piace considerarsi un autodidatta. La sua ricerca inizia dalla figura umana rielaborando tutto ciò che non è essenziale per portare alla luce  la profonda solitudine dell’essere umano. Prende parte a diverse esibizioni, come “Il pazzo d’Assisi” ad Andria nel 2009 e “Più falso del vero” a Napoli nel 2012.
Oriana Vertucci (Video)è di origine salernitana e si forma fin da subito sulla scultura, dalle principali tecniche, al disegno, fino all’incisione. Questa passione la guida ad allargare i suoi interessi fino a farle scoprire  l’arte del videomaking a passo uno. Nei suoi cortometraggi introduce creazioni scultoree, umanizzandole con l’animazione.
Mauro Mazzara (Premio Carlsberg) nasce a Milano nel 1980, inizia a disegnare a matita a 2 anni e non smetterà mai. Frequenta la scuola Arte&Messaggio di Milano e, dopo essere stato pubblicato anche sull’Annuale Illustratori 2002, si iscrive al corso di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Brera. E’ socio fondatore del Totemic Studio, operativo nel corso dell’illustrazione e della grafica. Tiene inoltre corsi di disegno e pittura.

WHO ART YOU? è un contest internazionale dedicato ad artisti di età compresa tra i 18 e i 35 anni che si è svolto a Milano il 24 maggio 2013 per iniziativa di NOlab.
Un modo per mo­strare di che arte si è fatti! Un evento che unisce giovani artisti, galleristi d’avanguardia e gallerie storiche italiane ed internazionali, giornalisti e critici per creare una vetrina uni­ca e ambivalente, un momento di scambio e di lancio nel difficile mercato dell’arte. Un evento unico: una gigantesca collettiva di 60 artisti, ognuno presente con l’ unica creazione sele­zionata. 20 opere pittoriche , 20 opere fotogra­fiche, 10 sculture e 10 video. Durante la serata una giuria scientifica di operatori del settore ha decretato i vincitori, che avranno modo di mostrare ulteriormente il proprio talento in una mostra collettiva riservata a loro alla Design Library di via Savona 11 dal 18 al 22 ottobre! - See more at: http://www.youmpa.com/events/49889/who-art-you-2--and-the-winner-is#sthash.g4zwXuda.dpuf
WHO ART YOU? è un contest internazionale dedicato ad artisti di età compresa tra i 18 e i 35 anni che si è svolto a Milano il 24 maggio 2013 per iniziativa di NOlab.
Un modo per mo­strare di che arte si è fatti! Un evento che unisce giovani artisti, galleristi d’avanguardia e gallerie storiche italiane ed internazionali, giornalisti e critici per creare una vetrina uni­ca e ambivalente, un momento di scambio e di lancio nel difficile mercato dell’arte. Un evento unico: una gigantesca collettiva di 60 artisti, ognuno presente con l’ unica creazione sele­zionata. 20 opere pittoriche , 20 opere fotogra­fiche, 10 sculture e 10 video. Durante la serata una giuria scientifica di operatori del settore ha decretato i vincitori, che avranno modo di mostrare ulteriormente il proprio talento in una mostra collettiva riservata a loro alla Design Library di via Savona 11 dal 18 al 22 ottobre! - See more at: http://www.youmpa.com/events/49889/who-art-you-2--and-the-winner-is#sthash.g4zwXuda.dpuf
WHO ART YOU? è un contest internazionale dedicato ad artisti di età compresa tra i 18 e i 35 anni che si è svolto a Milano il 24 maggio 2013 per iniziativa di NOlab.
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Un modo per mo­strare di che arte si è fatti! Un evento che unisce giovani artisti, galleristi d’avanguardia e gallerie storiche italiane ed internazionali, giornalisti e critici per creare una vetrina uni­ca e ambivalente, un momento di scambio e di lancio nel difficile mercato dell’arte. Un evento unico: una gigantesca collettiva di 60 artisti, ognuno presente con l’ unica creazione sele­zionata. 20 opere pittoriche , 20 opere fotogra­fiche, 10 sculture e 10 video. Durante la serata una giuria scientifica di operatori del settore ha decretato i vincitori, che avranno modo di mostrare ulteriormente il proprio talento in una mostra collettiva riservata a loro alla Design Library di via Savona 11 dal 18 al 22 ottobre! - See more at: http://www.youmpa.com/events/49889/who-art-you-2--and-the-winner-is#sthash.g4zwXuda.dpuf
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WHO ART YOU? è un contest internazionale dedicato ad artisti di età compresa tra i 18 e i 35 anni che si è svolto a Milano il 24 maggio 2013 per iniziativa di NOlab.
Un modo per mo­strare di che arte si è fatti! Un evento che unisce giovani artisti, galleristi d’avanguardia e gallerie storiche italiane ed internazionali, giornalisti e critici per creare una vetrina uni­ca e ambivalente, un momento di scambio e di lancio nel difficile mercato dell’arte. Un evento unico: una gigantesca collettiva di 60 artisti, ognuno presente con l’ unica creazione sele­zionata. 20 opere pittoriche , 20 opere fotogra­fiche, 10 sculture e 10 video. Durante la serata una giuria scientifica di operatori del settore ha decretato i vincitori, che avranno modo di mostrare ulteriormente il proprio talento in una mostra collettiva riservata a loro alla Design Library di via Savona 11 dal 18 al 22 ottobre! - See more at: http://www.youmpa.com/events/49889/who-art-you-2--and-the-winner-is#sthash.g4zwXuda.dpuf

CI SONO PIÙ COSE IN CIELO CHE QUI SULLA TERRA....

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Primum vivere, deinde philosophari, aveva forse detto Thomas Hobbes. Oggi sarebbe più opportuno dire che prima bisogna sopravvivere, e poi ognuno fa quel che vuole. Il bisogno alimentare che mi spinge ad aderire a progetti dall'esito dubbio non è mai un buon movente per mettersi in azione, e difatti il piccolo grande sforzo ginnico di COSÌ SOPRA COME SOTTO (la cui dichiarazione di intenti trovate qui) si è rivelato una mossa falsa, ed è un peccato, perchè la grande collettiva-installazione di EXU, nostro precedente intervento in quel di Villa Stanga a Crotta d'Adda, era venuta su bene. Ma forse già c'erano gli indizi di quel che sarebbe poi successo con questa boiata di COSÌ SOPRA COME SOTTO, che abbiamo tirato fuori in un mesetto di incontri sporadici, cercando di accontentare un'assurda committenza e di dividerci i compiti. Primo problema? L'assurda committenza: abbiamo dovuto lavorare sulle costellazioni, le costellazioni, gente! niente di più semplice, certo, con un budget risicato e centellinato (ma di questo si dirà poi), che ha costretto il sottoscritto e Sonia Secchi, una signorina a digiuno di installazioni ma estremamente abile nell'inventare soluzioni ottime, a sorbirsi due giorni di freddo intenso per tirare su con un pò di ciarpame recuperato qui e lì qualcosa di simile a delle opere d'arte contemporanea. Oggi diremmo che è naive, ma vabbè, passiamo oltre. Lascio a coloro che hanno visitato la villa il compito di giudicare il risultato, il perchè ve lo dico poi. Secondo problema? La divisione dei compiti, che posso dire essere stata esaudita dai due terzi della curatela,  e poichè non è mio compito qui, per dirla nel gergo tecnico, sputtanare nessuno, evito di fare nomi e cognomi di chi, all'interno di un progetto del genere, avrebbe dovutopotuto fare qualcosa di più che tentare di recuperare i fondi, farsi costruire in un'operazione molto cattelaniana le proprie sculture e poi esibirsi nel carnevale delle esplicazioni dotte per il pubblico, inventando simbologie e connessioni che Jung avrebbe riassunto in due parole, qui invece mi hanno ricordato tanto le scempiaggini edulcorate di quel criminale di andrea diprè (per chi lo conosce, si capiranno le iniziali in minuscolo). Risultato: incazzatura enorme, materiali tornati indietro semidistrutti, pezzi mancanti e gli ultimi quattro soldi del finanziamento, ulteriormente striminziti. Ma stiamo scherzando, vero?  


 Lungi da me volere risolvere con il kerosene ed un fiammifero le questioni di questo tipo, preferisco recitare il mea culpa, dato che ho le mie responsabilità nella questione, e ripromettermi di non invischiare altre persone capaci nei fallimenti di questo tipo (grazie Sonia, grazie Andrea, scusate tanto), oltre che tagliare i ponti con furbetti funzionari comunali comunali e aspiranti artisti che meglio farebbero a limarsi l'ego. Il punto è sempre questo, c'è chi si sbatte e chi no, io so di sbattermi, un impegno che va oltre la messa in scena dell'evento(?), che parte dall'ideazione alla risoluzione dei problemi contingenti e prosegue nella promozione, nella postproduzione fotografica e video, tutte cose curate anche in questo caso. Bene. Il video me lo terrò per me, a memoria dell'ennesima presa per il ****, le foto invece le metterò così, obliterate, che rimangano di questo fatto solo ombre, accenni, l'impossibilità di vedere di più, a parziale monito e perchè tutto sia comunque in qualche modo documentato e ricordato. Come ha già detto qualcuno, la merda capita. Meglio andare avanti.
DCF 


FRA LUCCIOLE, ALBERI, COLORI E RE DEI BOSCHI

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Fortunatamente, non tutte le collaborazioni riescono male. E così, dopo esserci presi il tempo dovuto, montato varie versioni del video (e questa non è la definitiva) e constatato che poco s'era detto sul web in merito al RE DEI BOSCHI ad Agropolis, abbiamo voluto riparlarne come già avevamo fatto su facebook, anche per ringraziare quelli che ci hanno aiutato a mettere su questo momento poetico, semplice ed emozionante. Per chi non conoscesse Lapisvedese, vi rimando a questo post. L'importante è sapere che sono stati i curatori di questa pubblicazione indipendente a volere il nostro appoggio e quello dell'associazione Winter Beach, per un evento che servisse a promuoverli e promuovere il duetto del RE DEI BOSCHI, composto da Stefano Scrima e Jacopo Bodini

 Così, io e Federico Fronterrè, coadiuvati da un nutrito gruppo di anime belle, abbiamo addobbato, reinventato, improvvisato una specie di spazio artistico tra le fronde degli alberi, nell'erba, nello stagno, fra le soste e i cammini, nel boschetto antistante la Cascina Marasco a Cavatigozzi, sede della cooperativa sociale Agropolis. Ringrazio le anime belle: Anna Cigoli, Alessia Degani, Isidoro Gandaglia, Erica Lanzoni, Andrea Parisi, Sonia Secchi e Serena Solitario, che con la loro attiva presenza, con l'affetto, l'estemporaneo estro, hanno contribuito a creare un momento che per me è stato magico, e si cerca di accennarlo in questo video - un videoreport, sia beninteso, a cui un domani si spera di fare seguire, se la pulizia dell'audio e altre sottigliezze feroci lo consentono, una specie di versione estesa, che sia per Stefano e Jacopo un valido aiuto per esportare il loro umore musicale. Ai ragazzi di Lapisvedese invece faccio i miei migliori auguri per la loro rivista, che quando mi capita fra le mani leggo sempre con attenzione e interesse, e sottolineo che aspetto ancora il pacchetto di sigarette promesso e una cassa di birra per lo staff della Specie di Spazio. Le carote ve le lasciamo.  
DCF


Se ancora non foste stufi del RE DEI BOSCHI, eccovi l'easter egg di questo post, un videoclip un pò più vecchiotto, girato e montato da Federico Fronterrè:

SIGN YOUR NO!

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Zonta è un'associazione internazionale, sorta negli Stati Uniti nel 1919, che riunisce donne attive nell'industria, negli affari, nella libera professione con l'impegno di agire per il progresso e il benessere dell'umanità.
In particolare intende "migliorare la posizione legale, economica e professionale della donna; lavorare per una migliore comprensione, buona volontà e pace tra gli uomini; promuovere la giustizia e il rispetto universale per i diritti umani e le libertà fondamentali".
 
Il video realizzato da noi dello Spazio documenta la collaborazione fra Zonta e l'artista Grazia Gabbini, che ha realizzato  una serie di opere "interattive", ovvero realizzate in sinergia con il pubblico, per sensibilizzare il pubblico sul problema sempre contingente della violenza sulle donne, per poi trascendere e schierarsi contro la violenza tout court, sia quella fisica che psicologica, fra le mura domestiche come sul posto di lavoro, per strada o nell'intimo delle relazioni sociali. La galleria d'arte IL TRIANGOLO, lo staff dell'associazione Una Specie di Spazio e molti amici hanno aderito al progetto e detto il loro NO alla violenza, e tu?

Sign your NO è un progetto artistico di Grazia Gabbini
a cura di Angela Bellardi (presidentessa dello Zonta Club Cremona) e Mariarosa Ferrari (galleria Il Triangolo)
video report: David Chance Fragale - Federico Fronterrè
testi: Stefania Mattioli

grazie a tutti coloro che hanno partecipato e dato una mano (letteralmente)...

DCF

MERRY X-MAS

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Il paper toy della Specie di Spazio! For free!




FINE DELLA STORIA (DELL'ARTE)?

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In realtà l'annichilimento delle discipline artistiche nelle scuole, della riduzione dell'insegnamento dell'arte e il sostegno alla creatività non sono di per se stessi terribili quanto la storpiatura dello studio dell'espressività artistica, della capacità dell'individuo di rappresentarsi in idee prima virtuali e poi fisiche, o prima virtuali e poi extravirtuali, ma la cancellazione di questo stimolo dalle strutture di formazione non può che indisporre e disilludere rispetto alle possibilità di questo paese di emergere da uno stato di impaludamento mentale incipiente. Forse non esisterà più una storia dell'arte, forse i sistemi galleristici saranno/sono desueti, forse ci basteranno gli sproloqui degli imbonitori di youtube o di sospetti canali satellitari, forse questo distruggerà o rafforzerà una nicchia privilegiata che da sempre ha imperversato, forse scopriremo che l'arte non va studiata ma cercata, analizzata, incompresa e poi amata, o forse la vedremo come mero prodotto mercantile per riempire gli studi dentistici o abbellire le scenografie dei film, forse non insegnare l'arte sarà andare contro certe idee celebri come quella di Joseph Beuys per cui ogni uomo è un artista, e quindi forse, nel silenzio assenso, capiremo che anche l'uomo non va insegnato e capito. A seguire, dopo lo studio dell'arte, moriranno la filosofia, la storia e altre discipline umanistiche. E dovremo, da soli, andare a visitare le caverne, fissare le pitture rupestri, e ricominciare daccapo.
P.S.: in realtà, dietro i miei pensieri buttati lì in risposta all'assunzione di questo fatto mica tanto nuovo, che è un miscuglio di tristemente fondato e di sensazionalistico infondato, che la storia dell'arte a scuola non si insegnerà più,  lascio ad altri, in particolare Matteo Rinaldi, all'attuale caporedattore di Retrò Online, la spiegazione della notizia,

DCF

È ormai una notizia che gira per tutto il web: niente più Storia dell’Arte nelle scuole.
Ma come stanno veramente le cose?
Uno dei (tanti) fulcri di questo tam-tam telematico è Ilmediano.it. Nel suo articolo "L'Italia cancella l'arte dalle scuole, è definitivo", si legge che allo Stato la materia “costa troppo” e che “La Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei deputati dice no alla reintegrazione delle materie artistiche nelle scuole italiane” tramite la bocciatura dell’emendamento C 1574-A. Nonostante le oltre 14mila firme che Celeste Costantino, deputata Sel, aveva portato in Commissione.
Anche altri siti hanno preso la palla al balzo, con titoli e articoli sulla questione.
Tutti a puntare il dito sulla riforma Gelmini e sulla miopia (non proprio così descritta dagli utenti del web) della nostra classe politica. E i commenti scandalizzati non si sono fatti attendere. Giustamente.Se soltanto la notizia fosse attendibile.
Essa infatti è vecchia. Di qualche mese. Rattoppata con elementi cronologicamente distanti. E non è del tutto vera.
L’eliminazione della Storia dell’Arte non è mai esistita. Non esiste alcun provvedimento che voglia eliminarla completamente da qualunque liceo e istituto. Non esiste un disegno di legge, un emendamento su questo tema. Non esiste nemmeno un emendamento chiamato C 1574-A.
Andiamo con ordine.
L’insegnamento della Storia dell’Arte ha subito delle forti modifiche.
La riforma Gelmini (aveva sottolineato l’Associazione Nazionale dei Docenti di Disegno e Storia dell’Arte) ha decretato la sospensione dell’insegnamento negli istituti Tecnici, Professionali e delle Scienze Umane, oltre che Linguistici.
Negli ultimi due, Storia dell’Arte è stata eliminata però solo nel biennio, mentre nel triennio è stato abolito il disegno.
Completamente cancellata nei licei Classici (Ginnasio), Professionali (turismo). Nei Licei Artistici le ore sono passate da sette, per discipline pittoriche, a tre. In media, cinque ore a settimana in meno tra le diverse discipline pittoriche, grafiche e laboratori. Un po’ come se al liceo scientifico diminuissero le ore di matematica.
Il Ministero si era difeso dicendo che “globalmente le ore di Storia dell’Arte non sono diminuite”.
“Le ore nel Liceo Classico sono state aumentate a sei da tre nel triennio” aveva aggiunto “mentre nelle scuole medie resta tutto invariato”.
Insomma, non corrisponde a verità questa fantomatica “uscita dalla scuola” della Storia dell’Arte. Non completamente, almeno.
Basta fare un controllo online della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei deputati e della Commissione dell’Istruzione in Senato per vedere come l’emendamento C 1574-A, in realtà, non esista. Esiste una legge omonima, che però nulla ha a che fare con la Storia dell’Arte, presentata dal ministro Carrozza e dal premier Enrico Letta ed approvata.
Le firme raccolte da Celeste Costantino, quelle, sono vere. Sono state depositate a fine ottobre del 2013 ma non hanno cambiato la situazione del “rimpasto artistico”.
Anche dal PD giungono smentite, direttamente da Simona Malpezzi che ha confermato, sorpresa, la falsità della notizia, come riporta il gruppo Facebook del Partito Democratico "Metti in circolo il pittore".
Niente di nuovo sotto il sole. Nessuno scandalo. Niente che già non si sapesse, o che si dovesse sapere.
Semplicemente una notizia non notizia, ingrossata a che toglie luce a quella vera.
Che lo svuotamento della disciplina della Storia dell’Arte è innegabile e resta gravissimo. Che, al di là delle opinioni e i conteggi sulle ore, il valore dato alla cultura e all’arte nelle nostre scuole è minimo. Intollerabile. Soprattutto in un paese come l’Italia, dove il valore della cultura rappresenta il 15,3% dell’economia nazionale.
Una notizia vecchia, quindi, raffazzonata. Montata con pezzi di altri fatti e avvenimenti. Che forse avrà come effetto quello di accontentarsi che la Storia dell’Arte nelle scuole esista ancora.
In che condizioni, però?
Matteo Rinaldi





WHO ART YOU? (going to London)

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 "È certamente vero che noi dobbiamo pensare alla felicità degli altri; ma non si dice mai abbastanza che il meglio che possiamo fare per quelli che amiamo è ancora l'essere felici." 
Emile-Auguste Chartier

Ho già parlato di WHO ART YOU? Sì, ne ho parlato, con affetto e lungimiranza, su questo blog e sulla nostra pagina facebook. Sono passati due anni dal primo timido incontro, quando partecipai alla prima edizione del contest con la Cura del Bianco (e no, per la cronaca non vinsi, nè mi importò),  poi seguìto dal mio esordio come membro della giuria per la seconda edizione di questo scoppiettante incontro artistico, fino ad approdare qui, ad una prossimissima collettiva in quel di Londra, presso la Brick Lane Gallery, e una non troppo lontana terza edizione del contest che mi vedrà ancora come componente attivo.
"NOlabè stata fondata nel 2009da un team di creativi operativi da 10 anni nel mondo della comunicazione, dell’editoria e dell’organizzazione eventi. Dopo vari esperimenti nel settore televisivo, nella moda e nell’editoria, la nascita di NOlab diventa necessaria. La scelta di costruire una nuova filosofia di pensiero e lavoro basata sul rifiuto alle tendenze e alle convenzioni è il naturale sfogo utile per creare un laboratorio unico e innovativo.NOlab è un laboratorio di idee per chi non ha paura di dire NO."
E ancora una volta io dico sì a questo gruppo, di cui spero d'essere sempre più una costola necessaria, perchè con essi il discorso delle specie di spazi si amplifica, diventa capillare, e attraversa le più variegate forme di comunicazione. Come in questo caso. Sfruttando infatti le strategie promozionali già attuate per la nostra associazione, ho realizzato alcuni trailers dei prossimi eventi che NOlab ha messo in cantiere - un vero e proprio studio per il sottoscritto, cercando l'idea vincente, quella più adatta ai grandi canale di distribuzione informativa fino a quelli più eccentrici, volutamente studiati per una fruzione veloce, da social network, destinati a sparire nell'arco di breve tempo. Perchè anche questo è il vantaggio di lavorare con chi ha idee e il giusto fervore, è estremamente contagioso e induce a dare di più, una risposta salubre all'impantanamento provinciale che qui, da dove scrivo, ha condotto solo a una sterile mondanità. Ben venga il futuro, quindi, sperando che sia illuminato come le menti che lo stanno forgiando.
 David Chance Fragale
   

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IN THE BRICKLANE GALLERY!

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Anche questa è andata. Come un soffio, anzi un vento, quello londinese, che ha spazzato le strade, i cieli, e il tempo della nostra permanenza in quel bollore creativo che è il quartiere di Brick Lane. Un crogiuolo non solo di razze, di volti, di identità più o meno eccentriche, ma anche un brodo di tendenze artistiche, di modi di concepire l'espressività, che coinvolge l'Arte maiuscola come le piccole autoproduzioni, l'imperante street art come gli scorci spaziali e umani che abitano la Londra del 2014. WHO ART YOU? LONDON EDITION è stata un'esperienza faticosa (dodici ore di viaggio in macchina all'andata e al ritorno), ma anche un'esperienza totalizzante, che mi ha concesso uno sguardo critico su una realtà assai differente da quella della nostra penisola.
Prima di elencare brevemente gli artisti in mostra (in futuro tornerò sull'argomento Londra, quando il cervello sarà riposato), un breve flashback. In un post precedente avevo già mostrato il battage pubblicitario che ha preceduto questo tanto anelato viaggio. Una strategia che l'associazione Una Specie di Spazio ha sempre sfruttato e che sono felice di aver messo a disposizione dei professionisti di NOlab. Purtroppo uno dei video su cui avevo ragionato di più (un chiaro omaggio a una delle figure più celebri della cultura pop britannica) non è passato sulle frequentatissime pagine dei social network, troppo lungo e troppo registicamente imperfetto, ma lo posto qui, ad memoriam, perchè è un forte omaggio allo staff di WHO ART YOU? e perchè il bravo Flavio Aster Bissolati ne ha curato le musiche senza farmi subìre le magagne del copyright.



Ho  molto amato l'allestimento nella Brick Lane Gallery. Semplice e ricco insieme, a partire dai compulsivi accumuli di colore di Matbuk, che a tratti mi ricordano Giger e a tratti la tentacolare street art della traversa di Whitechapel, contrapposti alla raffinata tecnica illustrativa di Mauro Mazzara, come a mostrare due modi contemporanei di vedere e vivere l'arte; Rossella Terragnoli con le sue false prospettive nei canyon metropilitani di una penna a biro paziente e meticolosa, sporca. 

 

Michela Gioachin, con gli intimi ritratti quasi fotografici di donne che sembrano sfuggenti come le figure di certi sogni, immortalate in una luce stentata, che sdoppia l'immagine (no, non è un errore dei miei scatti); poi Niccolò Albani e i suoi dipinti fumettosi, sofisticati nel tratto quanto poveri nel supporto di cartone (e non è necessariamente un difetto, anzi); l'incognita Kassa artista in incognito stile Banksi, elaborazioni al computer mistificate da un'esibizione accademica, con cornici antiquate che ammiccano ai grandi classici presi di mira, che ingannano per un attimo chi li osserva, incerto se si tratti di pittura vera e propria o che altro. 


Elisa Rescaldani usa invece la postproduzione digitale come un laboratorio anatomico, creando ibridi tra cadaveri e piante e figure mitiche; mentre Sara Pelle, nelle sue foto fa di se stessa il soggetto anatomico svilito, sopraffatto, abusato, rivelando le problematiche insite nel ruolo della donna nel contemporaneo e la sua (ancora) anacronistica fragilità; Andrea Silva e Massimiliano Ranuio, che passano dall'autoritratto in cerca di un'auto-rivelazione, forse, a immagini sontuose che ammiccano al reportage; fotografia anche per Beatrice Botto, che ironicamente e un po' grottescamente ha ritratto la figura femminile in un trittico di colori acidi, e Marta Viola, che va a spiare nel dettaglio intimo delle fessure, delle cortecce, della pelle, per trovare mondi inaspettati, e sfrutta al meglio il potenziale del mezzo espressivo; Devis Bergantin e i suoi paesaggi nervosi, quasi una follia di inchiostri e di strappi, l'ossessivo ripetersi del segno che cerca se stesso in un lavoro o lavorìo che forse non sarà mai concluso.  



E poi ci sono io, con la mia Cura del Bianco, di cui ho già parlato su questo blog, la trovate ovunque, perciò non sto a ripetermi. Un progetto performativo-fotografico che ogni volta mi ripropongo di chiudere, ma che le persone incontrate mi fanno sempre rispolverare. Perché mi piace, perché mi permette un contatto intimo con chi mi piace. E perchè si vende a poco o non si vende proprio.

Alessandro Trabucchi in una Cura del Bianco un po' inusuale,ma questo è anche un omaggio ai suoi gusti in fatto di musica. Alessandro, il mio ringraziamento va a te per il sorriso spontaneo, tutte le sigarette che ci siamo fumati e per tutte le volte che dici "sticazzi!" Speriamo di continuare insieme questo viaggio...

Daniela Ficetola, alìas Dani, che sicuramente mi odia per questo ritratto "lunare", ma dopo due anni che dovevo farle queste foto mi perdonerà se non posso proprio tenerle nascoste; grazie Dani per la professionalità e la meticolosità sul lavoro, ma ancor di più per la gentilezza e la tenerezza, che sono le tue doti migliori.
Matty Granec l'abbiamo incontrato alla galleria, è un fotografo bravissimo e spero di rivederlo presto, e ovviamente si è prestato volentieri alla Cura. È una delle foto della serie che amo di più.


Ringrazio ovviamente ancora una volta lo staff di NOlab, e a parte i sopracitati Alessandro e Daniela, anche Federica Morandi, che si è occupata della parte commerciale del progetto e ha sopportato/supportato le idiosincrasie degli artisti, Federica Redaelli, la più carina, simpatica e imbronciata factotum che ho mai conosciuto, e Cristina Zanon, che oltre ad avere sempre un sorriso in tasca si è sorbita il mio russare. Un grazie anche a quelli che sono rimasti a casa, sia a Milano che a Cremona, e mi hanno aiutato nella preparazione al viaggio.
A breve il video report dell'exhibition!

David Chance Fragale

CHIUDO GLI OCCHI E NON PENSO A TE

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Scrissi “Chiudo gli occhi e non penso a te” nel 2009, forse, non ricordo con precisione, ma ricordo di averla scritta. La suonavo ai concerti e tutti dicevano “bella l’armonica” e io rispondevo “sì ma la canzone? Ti piace anche la canzone o solo l’armonica?”. Poi nel 2012 la registrai nello studio del mio amico Flex e alla fine del 2013 trovai la Sinusite Records che ben pensò di pubblicare e distribuire il mio disco con all’interno questa canzonetta.  L’uscita era prevista per il 2014, il 10 aprile per la precisione, e serviva un video lancio del cosiddetto singolo. Scegliemmo questa canzone, penso per la sua orecchiabilità. O forse è solo per l’armonica? Guardate che non è difficile suonare l’armonica, ve lo assicuro! Un giorno Federico mi chiamò entusiasta e mi disse: “Ste ho un’idea! Facciamo un video in macchina, viene figo!”, e io: “Sì ok ma io non devo guidare, vero?”, e lui “Ma no, rimaniamo in garage”, e io: “Perfetto, giriamo”. E così, un giorno di febbraio io Federico e David ci trovammo per andare in giro tra le campagne della pianura padana. Dovevamo girare la scena in cui io scavo una buca, indemoniato, per seppellire i ricordi di un amore perduto.  Ci fermammo nei pressi di un cimitero e iniziai a rovinare il raccolto a colpi di vanga (l’arte è distruzione) mentre Federico e David mi riprendevano. Dovevamo fare più scene in più luoghi per poi montarle ed avere così tanti sfondi diversi con io che continuo, forsennato, a scavare maldestramente. Tornammo alla macchina per trovare altri luoghi tristi, cosa assai facile dalle nostre parti, ma la macchina non ripartiva. Provammo a spingerla ma niente. Eravamo soli, in mezzo alla campagna, davanti a un cimitero, senza macchina. Fortuna che di lì a poco arrivò un ometto al quale chiedemmo la cortesia di trasmetterci un po’ della sua batteria. Bestemmiando, lo fece. Tornammo verso casa, scoraggiati. Ma decidemmo di continuare comunque il video. Federico portò la macchina non so dove, forse da un esorcista, mentre io e David andammo dalle parti del Po per continuare le riprese. Tra alberi mutanti e fango portammo a termine l’impresa. Io mi procurai una considerevole tendinite al braccio destro che, fremente ancora dopo due settimane, pensavo mi avrebbe compromesso la funzionalità del braccio per sempre. Non fu così. Ah, mi sono dimenticato che prima di questa scena clamorosa girammo le scene in macchina nel garage di Chiara, che nel video fa anche d’attrice. Dunque bisogna ringraziarla per un sacco di cose. No, non ricordo se abbiamo girato prima queste scene o le altre, non ricordo ma le abbiamo girate tutte. Federico e David poi iniziarono le grandi manovre della postproduzione, una cosa da geni, che io ho visto solo alla fine. Be’ il risultato è questo, ed è bellissimo.  

Stefano Scrima

WHO ART YOU? THE PERFORMERS

COLLETTIVA ESTIVA 2014!

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I poeti non dormono mai. Il loro corpo gli sfugge e si lascia irretire dal sonno.
 Ma anche mentre dormono, forse il loro inconscio continua a lavorare, 
ad accumulare immagini e a preparare la poesia successiva.
Tahar Ben Jelloun

Quando gli spazi si parano davanti a noi non si sa mai bene come comportarsi, che si tratti di una piazza che diventa un'immensa libreria con gli scaffali di pietra o che si tratti di un bosco che spunta all'improvviso in un angolo della nostra stanza. Sia che si tratti di una via in cui non si ha mai camminato nella città in cui si vive da vent'anni o del tragitto che si percorre tutti i giorni quelle cinque o sei volte al giorno per andare al lavoro e tornare, andare a fare la spesa e tornare, andare a buttare la spazzatura e tornare.
Un giorno nel mio stabile si trasferì un uomo con dei problemi alla gamba. Questi si fece dare il permesso dal Comune per avere un parcheggio disabili proprio sotto casa.  Un signore del palazzo di fianco parcheggiò nel posto auto di questo disabile e quando costui tornò a casa e si avvide dell'accaduto chiamò i vigili e fece rimuovere quella del vicino, che scese di casa tutto trafelato lamentandosi per la rimozione della sua vettura e sopratutto per la multa, sostenendo di non essersi accorto del nuovo parcheggio per disabili. Così il vigile gli chiese: “Scusi, ma lei da quanto tempo abita qui?” “Diciassette anni” rispose il vicino. E il vigile: “ E non si è accorto di un cambiamento come questo nella via in cui abita da così tanto tempo? Questo cartello doveva balzarle subito all'occhio”. Insomma, la morale della favola non è la multa salata toccata all'inquilino ignorante né la sua discussione con i vigili che aveva come imperativo: “Andate a prendervela con chi di dovere, non con la brava gente! In questo paese tutto funziona al contrario!”. La morale della favola è che quando uno spazio ci si para davanti, che lo conosciamo da una vita o che non lo conosciamo affatto, sia che si parli di uno spazio reale o di uno spazio della mente, e non sappiamo bene come comportarci con esso, dovremmo fare una e una cosa soltanto: osservarlo attentamente.
Questa favoletta l'ho raccontata a voi e a me stessa qualche settimana fa in occasione dell'allestimento allo spazio Pikidi per la Collettiva Estiva 2014: uno spazio mi si è parato davanti esprimendo il desiderio di essere riempito di idee. E così è successo. Su suggerimento dello spazio stesso la Collettiva ha preso vita e i desideri sono stati tutti realizzati.
Abbiamo lavorato per lo spazio, esaudito le sue richieste, ascoltato i suoi suggerimenti. E come se fosse stato un barcone in mezzo all'oceano abbiamo ondeggiato con lui fino a farci venire il mal di mare (complici le bottiglie di vino!) e Pikidi ha smesso d'un tratto di essere uno spazio ed è diventato un messaggio in una bottiglia che una volta arrivata sul bagnasciuga è stata letta generando risposte positive e meno positive. Ma comunque risposte. E quindi emozioni espresse.
Un po' come fanno quei due personaggi neri che nella notte vanno a disegnare sorrisi sui tronchi tagliati degli alberi: qualcuno può guardare con simpatia all'operazione, altri con sdegno. Ma sta di fatto che ora c'è un sorriso. E va bene così.
Sonia Secchi

Non ho mai mancato di essere obiettivo su queste pagine, perchè questo sito non fosse un mero strumento celebrativo, ma anche un mezzo consono all'analisi oltre che alla testimonianza di un evento. Chi ci ha sempre seguito saprà che, oltre a esperimenti riusciti o mezzo riusciti, non siamo nuovi ai fallimenti, anche se come curatore non solo delle esposizioni e di quant'altro rientra nelle "mansioni" di un'operatore artistico, sono curatore di queste pagine e filtro tutto attraverso una personale visione delle cose. È quindi con timore e reticenza, soprattutto a causa di vicissitudini recenti, che ho accettato di curare questa esposizione presso Pikidi Arte. Giuseppe Di Crescenzo, in arte Dicre, o Bip, impegnato nella creazione di un nuovo spazio laboratoriale assieme a Francesco Soldi e Stefania Verna (spazio che ha poi ospitato la seconda parte della serata della collettiva), non se la sentiva di rinunciare alla solita edizione dell'esposizione estiva, e io non me la sentivo di dire no, per ragioni che vanno oltre l'amicizia e toccano lo sfrenato bisogno di "darsi da fare" come quello di sperimentare nuove collaborazioni. Così, con l'inestimabile aiuto di Emilio Capelletti, uno che di cose ne ha fatte tante, e troppe dimenticante, ed è sprecato per una città come Cremona, e Sonia Secchi, giovane e talentuosa e fantastica quando si tratta di lavorare per un fine comune, e già sprecata pure lei per questa città ancora troppo chiusa, troppo ortus conclusus - beh, con loro è stato facile mettere in piedi in due settimane un'esposizione senza tema, un racconto per immagini e suoni e gesti che, sebbene poco omologata (marchio di fabbrica già di Una Specie di Spazio come di Pikidi), mi sembra una delle collettive in cui mi sono divertito di più. In questo, non bisogna dimenticare i complici (in)volontari, quelli di "fuori", indispensabili per evitare la stagnazione creativa cittadina, come Barbara Giuliani e le sue Barrette Indipendenti, Attila Schwanz, Devis Bergantin, Jholman Castaňeda Quintero e Simona Florindi, i quali, presenti o non presenti, hanno contribuito con la loro partecipazione a portare nuova linfa in quegli spazi della visione che troppo spesso sembrano appannaggio di chi, in preda al divismo isterico o al provincialismo presenzialista, crede di meritarsi sempre una fetta di muro e un buon buffet che non è mai dovuto ma solo gentilmente offerto.  Ci sarà sempre qualcuno che manca, qualcuno che avrebbe potuto esserci, qualcuno che si voleva e non può partecipare (come ci sarà sempre qualcuno che si deve escludere, e sarebbe ora); «l'assenza è il pungolo del desiderio» diceva il poeta Properzio, e allora dagli assenti (esclusi o auto-esclusi) non posso che aspettarmi molto, mentre ai presenti che vedete qui sotto e nel video vanno il mio affetto e il mio rispetto per il lavoro ben fatto.

David Chance Fragale

Minimali e sognanti: le opere di Alessia Degani

Il tratto superbo e provocatorio di Attila Schwanz

 
Frasi e immagini da diffondere in modo virale: Barrette Indipendenti!

Bianca Giommi
In ossequio ai miei sogni: i contributi del sottoscritto, David Chance Fragale

LES ENFANTS TERRIBLES: un trittico di David C. Fragale e Francesca Dalla Benetta
Davide Barboglio


La stilizzazione del concetto di "ricerca": Devis Bergantin

DICRE

Emilio Capelletti

Flavio Bissolati, che ha musicato il video sopra, ci mostra come funziona il Famitracker: anche questa è una forma creativa che, con qualche accorgimento, può tranquillamente mettersi in mostra

Collaborazioni dell'ultimo minuto: Sonia Secchi e Marco Commisso, in una commistione di liuteria e collage



Gli autoritratti "distorti" (qualcuno li chiamerebbe twisted selfies) di Simona Florindi



Matteo Filannino



Gli ironici lavori di "denuncia" del colombiano Jholman Castaňeda Quintero

REGO



Francesco Soldi

Sonia Secchi, che in occasione di questa collettiva, si è scoperta più poliedrica di quanto lei stessa si aspettasse (il video e le foto qua sotto, realizzate in collaborazione con il sottoscritto, fanno riferimento al progetto editoriale Così parlò Sarah Huster di Sonia)



E per concludere una carrellata di volti, istantanee di un momento che, si spera, non sarà l'ultimo.










PASTELLI IN ARIA

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"Ora ascolta, ascolta, lascia cadere i tuoi dubbi, le tue incertezze,le tue paure, le tue inquietudini, lasciale cadere qui, esattamente qui, nel grande universo, nel profondo universo del tuo pensiero, e quando hai ben elaborato e sei certo che nulla e' rimasto dentro te, affida questo pensiero grande alla leggerezza di un palloncino e fermati a guardare mentre vola sempre più in alto, finché non lo vedi scomparire all'orizzonte. Da lontano senti un rimbombo: il palloncino dei tuoi pensieri si e' trasformato in un meraviglioso fuoco d'artificio. Vedi, ogni pensiero contiene il bello e il brutto, dipende da te. Sposta il tuo punto di vista, rendilo leggero come un palloncino." 


MChacker



È passato ormai del tempo, l'estate si è conclusa per lasciare il passo a un autunno improvviso, che presto si muterà (forse) in gelido inverno. Perciò le immagini del piccolo evento PASTELLI IN ARIA sono un ultimo tentativo di scaldare l'atmosfera, ricordando la gioia dei più piccoli e la capacità dei più grandi che sono convenuti in Piazza Roma a Cremona per celebrare un momento di arte minima, senza la A maiuscola, e forse per questo più apprezzata; un gioco con uno scopo molto importante, quello di lasciare andare lontano pensieri e immagini (che poi è lo stesso), stavolta facendo a meno di un messaggio nella bottiglia e privilegiando un simbolico decollo in cielo attraverso altrettanto prosaici palloncini pieni di elio. Un momento fortemente voluto da Emilio Capelletti, e subito adottato da Sonia Secchi e da me e dalla nostra ectoplasmatica associazione, che ancora non ha (più) una sede ma che riesce ad allegarsi a progetti nati dalla passione e gestiti, se si chiude un occhio su qualche pecca qui e lì, con discreta professionalità. PASTELLI IN ARIA serve a guardare verso l'alto, per una volta, forse per dimenticare quante brutte facce ci sono in giro, forse perché in quei foglietti legati al filo del palloncino c'è attaccata l'ultima speranza di un cambiamento, o forse un ricordo che si preferisce dare via così piuttosto che vederlo schiacciato dai talloni dell'incomprensione. E poi ci sono i sogni dei bambini, che sono ancora tanti, e senza filtri, e l'esondazione creativa degli ultimi anni spesso dimentica questo tipo di spettatore, prediligendo sempre e comunque un adulto che ha dimenticato come trovare cose belle e intelligenti da fare senza lanciarsi nella grande oratoria o adagiarsi nel facile (sì, ho detto facile) salotto intellettuale. Meglio un'idea venuta in un bar a parlare con gli amici (ammissione dello stesso Emilio, che tra l'altro è il maggiore finanziatore dell'idea). PASTELLI IN ARIA come i castelli in aria, dunque, a cui si spera che giungano davvero. E anche se fino ad oggi nessuno ci ha fatto sapere se li ha ritrovati, noi crediamo fiduciosi che siano comunque andati a finire in buone mani, almeno alcuni di essi. 

David Chance Fragale


P.S.: se tutto vi è sembrato un po' retorico me ne assumo pienamente la responsabilità, lasciate in pace i palloncini!

TUTTO RIMASE IMMOBILE

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Ho pensato di regalarti delle ali, ovunque tu sia e chiunque tu sia, ma sono sempre stato più bravo a strappartele. Il danno è fatto, ma che cosa meravigliosa rimani.
David Chance Fragale



IMPLUME

Senza piume.
Quelle piume intese come scudo e riparo,come corteccia, o pelliccia, piume come caratteristica, piume come maschera.
Le piume intese come protezione. E se queste vengono meno, se cadono, se la corteccia si sgretola...
Se la maschera decade cosa svela?
Cosa nascondono i pensieri, cosa scaturisce dalla mente di un creativo di fronte ad un tema apparentemente così banale?

Stefania Verna - Francesco Soldi




Ci siamo chiusi in una cinica e crudele estetica perché ancora c'è il bisogno di studiarsi e percepirsi come esponenti di mondi diversi che s'incontrano a metà strada del cammino.
Ancora c'è il bisogno di guardare all'amore come un atto di curiosità, come un esperimento o come danno che si cerca di riparare quando ormai è troppo tardi.
Ancora c'è bisogno di farsi intrappolare tra mani altrui dimostrando la propria fiducia nel farlo.

Non c'è vittima senza carnefice.
Non c'è vittima incosciente.

Non c'è vittima.

Sonia Secchi



AVANGUARDIA FEAT. THE BLACK WHATEVERARE

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I Black Whateverare sono una razza ancora sconosciuta al mondo degli esseri umani. Non si sa da dove vengano, se dal profondo spazio o dalle remote profondità della terra. La cosa certa è che il loro scopo è quello di portare un po' di sano caos nel nostro mondo che a detta loro è estremamente noioso. I Black Whateverare amano prendere le cose così come capitano e fare divertire attraverso piccoli e semplici disastri.
Accompagnati da David e Sonia, questo buffo gruppo di esseri pelosi ha cominciato a farsi sentire facendo ridere grandi e bambini con una serie di spettacoli estemporanei in strada, piccoli video autoprodotti e materiale grafico fino alla collaborazione con la band Avanguardia che vede i Black Whateverare protagonisti del videoclip "Siamo ancora qui" realizzato da WARINHARI/DCF.


Avanguardia: basso Gio, batteria Gian, chitarra Dado, voce Bruso.
Sul finire degli anni Ottanta a Cremona c'erano gruppi blues, metal e di rock italiano. Gli Avanguardia nascono nel 1989 con l'intento di fare una musica diversa, che fosse di rottura rispetto alla scena cittadina. Canzoni brevi, fatte di pochi accordi e con testi ironici rigorosamente in italiano. Basso, batteria, chitarra e voce: la cosa più semplice del mondo...
Credits video: 
Soggetto: David Chance Fragale
Regia: Emiliano Guarneri
Animazione THE BLACKWHATEVERARE: Sonia Secchi - DCF

http://theblackwhateverare.tumblr.com/
https://www.facebook.com/theblackwhateverare?fref=ts
https://www.facebook.com/pages/Avanguardia/738893612787547?fref=ts

MASQUERADE

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Il folle ha perduto tutto, tranne la ragione.

Pauwels & Bergier

Quando parlo (pessima abitudine, lo so) la maggior parte delle persone non capisce quello che dico e subito mi contesta senza che io abbia finito, oppure sorride e mi trova simpatico quando si voleva sortire l'effetto opposto, e anche se questo fa di me l'uomo più nervoso del mondo per lo spazio-tempo di una sera, confesso che il problema è solo mio, che mi disaffeziono alla parola giorno dopo giorno e a tutti i significati che alla parola vengono dati. Più volentieri mi affido al significante, dato che ormai ritrovo nella forma i contenuti che mancano al significato. Indosso una maschera. 
Come faccio a spiegare Masquerade, e poi devo farlo davvero? O forse è Masquerade che spiega tutto, l'azione e l'inazione, l'impossibile confronto coi sedicenti esperti del settore e il corteggiamento dei folli, in'equazione perfetta che esclude la soddisfazione a favore di una guerriglia intellettuale in cui perdono tutti? Il wendigo rappresenta il bisogno cannibale di annullare il proprio nemico.
maschera di David Chance Fragale - photo: DCF-Sonia Secchi
Le maschere che io e Sonia, e Dario, ed Ela, e forse qualcun altro abbiamo fabbricato non si sono forse nutrite di un'idea che ha alimentato il processo di fabbricazione? Facile, direte, da sempre si fa così, da sempre la committenza sprona al lavoro e stimola la creatività. Eppure mi interessa meno la chiacchiera che ne consegue,  addirittura il disallestimento di un'esposizione è meglio del circo intellettuale attorno ad essa, un salotto vuoto. La maschera del boia non ha buchi per occhi nè per il naso o per la bocca, è un desiderio di isolamento.
maschera di Dario Balletta - photo: DCF-Sonia Secchi
Si può chiudere uno spazio e lasciare che le cose dentro parlino tra loro (come probabilmente sta accadendo)? E non ha più senso questo della farsa del mercato, non ha più senso lasciare brillare di luce un sovrano di Oz nei sotterranei del suo castello mentre al di sopra si fa scempio delle libagioni? Alle creazioni dell'uomo e della donna forse interessa molto di più il paradosso di Schrodinger, in cui è l'osservatore a determinare la vita o la morte dell'opera, ma ammettiamolo, a che serve? essa è sempre lì, che guarda dritto senza occhi di cui non ha bisogno.

ALDO, videoinstallazione di Rocio Perez Vallejo
L'arte-scienza, l'arte-passione, l'arte-imbroglio, l'arte-net, la maschera riassume tutto, sia essa di cartapesta o uno sviluppo di luci e colori, perché la maschera resta se stessa in quanto significante privilegiato, indifferente al significato - l'uomo - che la indossa. E' il riflesso perfetto quando ci si dimentica che esiste un oggetto detto specchio (e infatti sopravvive proprio presso le culture che non hanno o non subiscono tale lusso). Con la maschera puoi corteggiare il modello di Pickman e farti sentire da forze superiori, che non hanno bisogno di portafogli per avere la tua attenzione.
Tutti i parassiti di Shaggai indossano la maschera, di Richard Upton Pickman, dalla collezione privata della Specie di Spazio
 Indossare la maschera, ovvero percorrere quella distanza che separa noi dal raggiungimento della visione di sé, che in questo caso è un vuoto concavo in cui si affossano i lineamenti che siamo soliti guardare da un'altra angolazione. Spiare il mondo attraverso la maschera induce a pensare alla faccia e al corpo che adoperiamo, la maschera è trina come la donna che fiorisce e invecchia e non è più, non sarà mai più Biancaneve.
Non puoi essere Biancaneve, di Ela Grande
 La maschera è quando non ti arrendi e metti insieme dei materiali che apparentemente non staranno mai insieme, e a un tratto guardi nell'occhio di una cosa-rettile che prima non c'era, hai dimenticato a cosa serve, adesso c'è, è lì.
ELF, di Sonia Secchi
Allora finalmente tutto quello che ti sembrava lontano diventa vicino, ti accorgi che nel silenzio c'è tutto il rumore che ti serve, che puoi ancora iscriverti a un ordine segreto se sai come annodare i lacci del tuo nuovo volto, e allora le stelle nel loro corso combatteranno per l'uomo giusto, come dice la leggenda cinese. E potrai essere gatto, sfinge, corteccia, e potrai essere tu la cosa appesa al chiodo mentre la cosa appesa al chiodo volteggia via in barba al paradosso di Schrodinger, e ci sarà una risposta simmetrica a ogni cosa, all'amore e all'irriconoscenza, all'ambizione e all'umiltà, e tutto avrò corrispondenza nel tutto, e ci sarà gemellaggio fra la grande impossibile e verissima faccia di Marte e una delle innumerevoli e verissime facce di cazzo della mia città.


David Chance Fragale

La modella e il pittore, di Dicre
LACRIMOSA, di Rocio Perez Vallejo
 
maschera di Matteo Favelli

Davide Barboglio

Matteo Filannino

Simona Florindi

David Chance Fragale


Francesca Dalla Benetta
Alessia Degani, MAIKARMA
Andrea Simeoni
Qui sotto, il videoreport della serata di inaugurazione:

PICTURE CROSSING IN LONDON

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Brick Lane, Shoreditch, Camden Town, Angel, tutti luoghi consoni allo sfruttamento creativo se siete in visita a Londra e magari siete turisti inusuali, che oltre a riempirsi gli occhi, le orecchie e i nasi di immagini, suoni e profumi siete anche quelli che volete fare un regalo alle città. Londra è perfetta se questo è uno dei vostri intenti, e nei prossimi post racconterò questo bisogno di lasciare una traccia sulle strade di quella città, che ancora mi affascina e mi ispira.
Il picture crossing, per esempio, nasce dal desiderio di emulare la pratica dell'image sharing che spopola sul web (in special modo sui social network), applicato alle regole della strada. Non proprio un progetto, ma un'idea embrionale che volevo sperimentare per comprenderne le potenzialità, e che almeno in questo caso, soprattutto grazie al contesto scenografico di certi quartieri londinesi, ha funzionato abbastanza bene. Insomma, si regala volentieri ai luoghi che ti fanno regali.

David Chance Fragale









Thepicturecrossingcomes from the desireto emulatethe practiceof imagesharingon the web(especiallyon social networks), appliedto the street rules.Notjusta projectbutan embryonicideathat I wantedto experienceto understand itspotentialand that, at leastin this case,mainly thanksto thescenic contextofcertain neighborhoodsin London,it worked quite well.In short,it's fun tomake gifts to the placesthat make gifts to you.
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